DI COSA HA PAURA IL PSD’AZ?
Il
Partito Sardo d’Azione, a pochi mesi dalle elezioni politiche e a poco più di
un anno da quelle regionali, strizza l’occhio a destra e a sinistra, ammiccando
la mattina con quel partito, il pomeriggio con quell’altro.
Forse
per sondare cosa pensano i sardisti interviene anche l’ultima stella del
firmamento sardistizzante parlando di un congelatore dove infilare l’articolo 1
dello statuto del Psd’az.
Poca roba, sinceramente, per poterla ritenere
seria o degna di riscontro.
Mi
chiedo, piuttosto, cosa impedisca al
Psd’az di schierarsi apertamente per un polo nazionalitario insieme a tutte le
altre forze di ispirazione sardista.
Da
tutte queste forze sono arrivati numerosi appelli affinché il Psd’az rompa gli
indugi e divenga il capofila di uno schieramento fondamentalmente sardo e
sardista: non un generico appello col quale si vuole stringere un cappio al
collo del Psd’az, ma un sogno che può diventare realtà solo grazie ad una
presenza convinta e determinante del nostro Partito.
Non
si può negare, come rilevato anche dai più attenti osservatori e studiosi del
fenomeno che, anche a seguito sia della vicenda Catalana, sia dell’impatto del referendum lombardo-veneto,
nella società in generale stia prevalendo un sentimento identitario, una
volontà di autodeterminazione che non si erano mai manifestati con questa
dirompenza.
Il
Psd’az è alla soglia dei cento anni di vita, un primato unico in Italia, che lo
pone come pietra angolare per qualunque aggregazione di forze che si
riconoscono nel programma e negli ideali sardisti.
Un
programma, quello del Psd’az, che trasuda di attualità grazie ai nostri padri
fondatori i quali hanno saputo osservare
il futuro della Sardegna consapevoli del ruolo che si erano candidati a
ricoprire. Quel ruolo gli è stato assegnato dalla storia del Popolo Sardo e
dalle tante e troppe colonizzazioni delle quali è stato vittima: le
vicissitudini storiche hanno declinato in punti programmatici le aspirazioni
dei Sardi i quali, forse troppo spesso, hanno accordato la loro fiducia fino a
quando, delusi, con un moto di orgoglio, hanno fatto soffiare il più potente
vento sardista nel 1984 che portò Mario Melis alla presidenza della Sardegna.
Vicende
alterne, risultati altalenanti hanno preceduto e seguito quella grande
vittoria, in tempi segnati più dalla volontà del leader di turno che dalle
reali esigenze del Popolo Sardo e dalla volontà dei Sardisti militanti. Troppo
spesso sono arrivate scelte non comprese e per lo più non condivise finalizzate
più a perpetuare e consolidare carriere politiche che ad affermare i punti
programmatici del Psd’az.
Eppure
i Sardisti nel cuore non hanno mai fatto mancare il loro appoggio, sempre in
attesa di quella riscossa molte volte promessa, agognata e mai pervenuta.
Negli
ultimi 20 anni il Partito si è battuto per far sopravvivere qualcuno piuttosto
che se stesso e con esso le giuste istanze dei Sardi.
Abbiamo
espresso con il nostro lavoro Consiglieri regionali, Assessori regionali,
Presidenze e Consigli di amministrazione, Sindaci e Consiglieri comunali.
Mai
però si è riusciti a far prevalere le nostre rivendicazioni che poi sono quelle
dei Sardi tutti: Zona franca, lotta alle servitù militari, continuità territoriale,
lingua, cultura… nulla o quasi nulla, se si esclude la legge 26 del 1997, il
Psd’az è riuscito a realizzare.
Ha
galleggiato nella politica della Sardegna ancorato ai Sardisti nel cuore e
all'affezione verso un glorioso simbolo che, a prescindere dalla generazione
contingente, sempre possa attirare il voto dei Sardi.
Sempre
meno, però, il risultato ottenuto è frutto di un voto di opinione e
condivisione della politica attuata dal Psd’az, ma è sempre più il risultato
del momento, legato al candidato con il “suo pacchetto di voti”.
Eppur
si muove ancora.
Eppur
molti Sardi ci credono ancora nonostante 97 anni di inutile attesa.
Ed
è questo il punto da cui si deve ripartire
Siamo
a 97 e dobbiamo chiederci come vogliamo arrivare a cento. Come saremo fra tre
anni e quale sarà il ruolo del Psd’az nella Sardegna dei prossimi venti o
trenta anni?.
Oggi
siamo ad un punto di snodo, abbiamo davanti la possibilità di svoltare e
scegliere se continuare a galleggiare nella politica della Sardegna o svolgere
un ruolo che in tantissimi si aspettano dal nostro Partito.
Il
Psd’az è chiamato ad una scelta dalla quale non può e non deve sottrarsi.
È
il momento di dire ai Sardi che il nostro Partito è il loro Partito che si
candida a governare la Sardegna con loro e solo con loro.
Nessuno
capirebbe una strategia fondata sul pietoso rito di accettare un'alleanza per
un posto qua e là. Non è più questo il tempo e, se la politica in Sardegna può
cambiare, il Psd’az ne può essere il protagonista.
Ed
è una scelta improrogabile e irrinunciabile se si vuole ancora chiedere la
fiducia dei Sardi.
Diversamente,
perché i Sardi dovrebbero dare ancora fiducia ad un partito che per 97 anni ha
barattato il suo credito con i Sardi stessi in cambio del nulla o, peggio
ancora, di personalismi?
Credo
che non interessi a nessuno il destino politico mio o di altri, ed è giusto che
sia così: l’interesse comune deve essere costituito dal ruolo che il nostro
Partito può e deve svolgere in Sardegna.
Oggi
abbiamo la possibilità di avere numerosi compagni di viaggio convinti di questo
ruolo che la storia assegna al Psd’az.
Il
problema è trovare chi vuole e può interpretare questo ruolo con l'interesse
prioritario verso la Sardegna anteponendo ai propri desideri il benessere dei
Sardi.
Se
l’obiettivo politico dei dirigenti del Partito sarà per l’ennesima volta il
soddisfacimento delle personali ambizioni di potere, il Psd’az continuerà a
galleggiare.
Probabilmente
poterà in Consiglio regionale una sua pattuglia di Consiglieri più o meno
numerosa, più o meno sardisti nel cuore.
Probabilmente
si cercherà di azzeccare la coalizione vincente, come si è fatto spesso, quasi
come giocare al lotto per vincere il massimo, salvo poi accontentarsi del
premio di consolazione.
Stavolta
il banco può essere il Psd’az: potrebbe veramente essere il nostro Partito a
dare le carte e, al tavolo della politica della Sardegna, il Psd'az potrebbe
autorevolmente sedersi a giocare la SUA partita e non quella di altri.
Non
da solo, ma non in compagnia di chiunque: in stretta ed esclusiva
collaborazione con coloro i quali si riconoscono nell'anelito di autonomia e
sardismo che sembra animare i Sardi oggi come non mai.
Il
Psd’az può farsi carico di questo, ma deve smettere di imbastire mercati ed
esporsi come merce di scambio in favore di un sogno o di un'ambizione che, per
quanto legittimo, per quanto condivisibile, nulla ha a che vedere con gli
interessi dei Sardi tutti.
Se
si smetterà di aver paura di perdere poltrone, la politica potrà essere anche
generosa con chi avrà il coraggio di condurre il Psd’az ad essere ciò per cui è
nato:
LO
STRUMENTO PER LA RISCOSSA E LA RINASCITA DELLA SARDEGNA.
Angelo Carta