giovedì 2 novembre 2017



DI COSA HA PAURA IL PSD’AZ?
Il Partito Sardo d’Azione, a pochi mesi dalle elezioni politiche e a poco più di un anno da quelle regionali, strizza l’occhio a destra e a sinistra, ammiccando la mattina con quel partito, il pomeriggio con quell’altro.
Forse per sondare cosa pensano i sardisti interviene anche l’ultima stella del firmamento sardistizzante parlando di un congelatore dove infilare l’articolo 1 dello statuto del Psd’az.
Poca roba, sinceramente, per poterla ritenere seria o degna di riscontro.
Mi chiedo, piuttosto,  cosa impedisca al Psd’az di schierarsi apertamente per un polo nazionalitario insieme a tutte le altre forze di ispirazione sardista.
Da tutte queste forze sono arrivati numerosi appelli affinché il Psd’az rompa gli indugi e divenga il capofila di uno schieramento fondamentalmente sardo e sardista: non un generico appello col quale si vuole stringere un cappio al collo del Psd’az, ma un sogno che può diventare realtà solo grazie ad una presenza convinta e determinante del nostro Partito.
Non si può negare, come rilevato anche dai più attenti osservatori e studiosi del fenomeno che, anche a seguito sia della vicenda Catalana,  sia dell’impatto del referendum lombardo-veneto, nella società in generale stia prevalendo un sentimento identitario, una volontà di autodeterminazione che non si erano mai manifestati con questa dirompenza.
Il Psd’az è alla soglia dei cento anni di vita, un primato unico in Italia, che lo pone come pietra angolare per qualunque aggregazione di forze che si riconoscono nel programma e negli ideali sardisti.
Un programma, quello del Psd’az, che trasuda di attualità grazie ai nostri padri fondatori i quali  hanno saputo osservare il futuro della Sardegna consapevoli del ruolo che si erano candidati a ricoprire. Quel ruolo gli è stato assegnato dalla storia del Popolo Sardo e dalle tante e troppe colonizzazioni delle quali è stato vittima: le vicissitudini storiche hanno declinato in punti programmatici le aspirazioni dei Sardi i quali, forse troppo spesso, hanno accordato la loro fiducia fino a quando, delusi, con un moto di orgoglio, hanno fatto soffiare il più potente vento sardista nel 1984 che portò Mario Melis alla presidenza della Sardegna.
Vicende alterne, risultati altalenanti hanno preceduto e seguito quella grande vittoria, in tempi segnati più dalla volontà del leader di turno che dalle reali esigenze del Popolo Sardo e dalla volontà dei Sardisti militanti. Troppo spesso sono arrivate scelte non comprese e per lo più non condivise finalizzate più a perpetuare e consolidare carriere politiche che ad affermare i punti programmatici del Psd’az.
Eppure i Sardisti nel cuore non hanno mai fatto mancare il loro appoggio, sempre in attesa di quella riscossa molte volte promessa, agognata e mai pervenuta.
Negli ultimi 20 anni il Partito si è battuto per far sopravvivere qualcuno piuttosto che se stesso e con esso le giuste istanze dei Sardi.
Abbiamo espresso con il nostro lavoro Consiglieri regionali, Assessori regionali, Presidenze e Consigli di amministrazione, Sindaci e Consiglieri comunali.
Mai però si è riusciti a far prevalere le nostre rivendicazioni che poi sono quelle dei Sardi tutti: Zona franca, lotta alle servitù militari, continuità territoriale, lingua, cultura… nulla o quasi nulla, se si esclude la legge 26 del 1997, il Psd’az è riuscito a realizzare.
Ha galleggiato nella politica della Sardegna ancorato ai Sardisti nel cuore e all'affezione verso un glorioso simbolo che, a prescindere dalla generazione contingente, sempre possa attirare il voto dei Sardi.
Sempre meno, però, il risultato ottenuto è frutto di un voto di opinione e condivisione della politica attuata dal Psd’az, ma è sempre più il risultato del momento, legato al candidato con il “suo pacchetto di voti”.
Eppur si muove ancora.
Eppur molti Sardi ci credono ancora nonostante 97 anni di inutile attesa.
Ed è questo il punto da cui si deve ripartire
Siamo a 97 e dobbiamo chiederci come vogliamo arrivare a cento. Come saremo fra tre anni e quale sarà il ruolo del Psd’az nella Sardegna dei prossimi venti o trenta anni?.
Oggi siamo ad un punto di snodo, abbiamo davanti la possibilità di svoltare e scegliere se continuare a galleggiare nella politica della Sardegna o svolgere un ruolo che in tantissimi si aspettano dal nostro Partito.
Il Psd’az è chiamato ad una scelta dalla quale non può e non deve sottrarsi.
È il momento di dire ai Sardi che il nostro Partito è il loro Partito che si candida a governare la Sardegna con loro e solo con loro.
Nessuno capirebbe una strategia fondata sul pietoso rito di accettare un'alleanza per un posto qua e là. Non è più questo il tempo e, se la politica in Sardegna può cambiare, il Psd’az ne può essere il protagonista.
Ed è una scelta improrogabile e irrinunciabile se si vuole ancora chiedere la fiducia dei Sardi.
Diversamente, perché i Sardi dovrebbero dare ancora fiducia ad un partito che per 97 anni ha barattato il suo credito con i Sardi stessi in cambio del nulla o, peggio ancora, di personalismi?
Credo che non interessi a nessuno il destino politico mio o di altri, ed è giusto che sia così: l’interesse comune deve essere costituito dal ruolo che il nostro Partito può e deve svolgere in Sardegna.
Oggi abbiamo la possibilità di avere numerosi compagni di viaggio convinti di questo ruolo che la storia assegna al Psd’az.
Il problema è trovare chi vuole e può interpretare questo ruolo con l'interesse prioritario verso la Sardegna anteponendo ai propri desideri il benessere dei Sardi.
Se l’obiettivo politico dei dirigenti del Partito sarà per l’ennesima volta il soddisfacimento delle personali ambizioni di potere, il Psd’az continuerà a galleggiare.
Probabilmente poterà in Consiglio regionale una sua pattuglia di Consiglieri più o meno numerosa, più o meno sardisti nel cuore.
Probabilmente si cercherà di azzeccare la coalizione vincente, come si è fatto spesso, quasi come giocare al lotto per vincere il massimo, salvo poi accontentarsi del premio di consolazione.
Stavolta il banco può essere il Psd’az: potrebbe veramente essere il nostro Partito a dare le carte e, al tavolo della politica della Sardegna, il Psd'az potrebbe autorevolmente sedersi a giocare la SUA partita e non quella di altri.
Non da solo, ma non in compagnia di chiunque: in stretta ed esclusiva collaborazione con coloro i quali si riconoscono nell'anelito di autonomia e sardismo che sembra animare i Sardi oggi come non mai.
Il Psd’az può farsi carico di questo, ma deve smettere di imbastire mercati ed esporsi come merce di scambio in favore di un sogno o di un'ambizione che, per quanto legittimo, per quanto condivisibile, nulla ha a che vedere con gli interessi dei Sardi tutti.
Se si smetterà di aver paura di perdere poltrone, la politica potrà essere anche generosa con chi avrà il coraggio di condurre il Psd’az ad essere ciò per cui è nato:
LO STRUMENTO PER LA RISCOSSA E LA RINASCITA DELLA SARDEGNA.
Angelo Carta